Nelle opere di Gustav Klimt (Vienna, 1862-1918), si possono rintracciare facilmente tematiche attinenti a quell’eterno mal di vivere che si chiama malinconia. Quello stato dell’anima che anticamente veniva chiamato melancolia (l’etimologia greca non lascia spazio all’immaginazione… Il termine μελαγχολία è composto da μέλας, ‘nero’ e χολή, ‘bile). Quell’inconfondibile disagio esistenziale che ‘pesa come un coperchio’ e che il mio amato Baudelaire chiama spleen… Un malessere opprimente, simile a un macigno, che nello splendore della Letteratura latina viene chiamato taedium (Seneca docet! Cfr. ‘Hoc tibi soli putas accidisse et admiraris quasi rem novam quod peregrinatione tam longā et tot locorum varietatibus non discussisti tristitiam gravitatemque mentis? Animum debes mutare, non caelum […]‘, Seneca, Epistula ad Lucilium XXVIII).
Il titolo che ho dato a queste mie parole fa riferimento a quell’opera intensa e sublime che è La persuasione e la rettorica, la tesi di laurea che Carlo Michelstaedter [Fig.1] non discusse mai. Non lo fece perchè, subito dopo averla spedita all’Università di Firenze, si suicidò. Il filosofo e poeta Carlo Michelstaedter nacque a Gorizia nel 1887. Morì il 17 ottobre 1910.
Fig. 1, Carlo Michelstaedter
Si tratta del libro che più amo e in cui rintraccio, ad ogni nuova lettura, caratteri filosofici (quindi estetici), letterari, poetici di portata straordinariamente ampia. E duratura. Alcune frasi del libro si spalmano in maniera esatta sulle tre opere di Gustav Klimt che, qui, intendo presentare. Quindi, sotto alle opere Filosofia, Medicina e Giurisprudenza, realizzate da Klimt tra il 1899 e il 1907, ci sarà la semplice trascrizione di quelle frasi, sperando che questa associazione possa evocare idee e suggestioni multiformi.
Nell’ opera di Klimt il processo artistico-creativo subisce l’influsso dell’incessante desiderio di sperimentazione, regalandoci un itinerario ricco e sfaccettato all’interno del quale, però, le dissonanze tra stili e generi sono solo apparenti: tutto ciò che egli rappresenta è pervaso da una esasperata, incurabile malinconia che ricopre la realtà tutta come un sottile velo scuro. Un tessuto leggerissimo che si insinua tra le pieghe dei sorrisi, dei baci, nel bagliore avvolgente dell’oro e delle trame preziose degli abiti… Tutto è intriso di un profondissimo senso di vaghezza e di inquietudine.
Klimt [Fig. 2] vive e compie la sua intera missione artistica immerso nella scenografia di una suggestiva ‘Vienna fine secolo’, in cui l’immagine rassicurante delle borghesia, con i suoi splendidi palazzi e le sale da tè, si accompagna ad una nascente sensazione di smarrimento che aleggia incontrastata; le ossessioni e le paure, che minano pericolosamente il terreno, sono quasi oscuri presagi degli avvenimenti che di lì a poco avrebbe partorito il nuovo secolo.
Fig. 2, Gustav Klimt
Il mondo della cultura viennese rappresenta in maniera emblematica tale disagio ed offre una visione della realtà completamente destabilizzante; il conforto dell’ideale positivista abbandona la scena; le contraddizioni e le discrepanze, interne ed internazionali, non lasciano più spazio al razionalismo ed allo scientismo positivisti.
Lo sgretolamento di tutta una serie di (false) certezze derivate dal progresso, dalle scoperte scientifiche e tecnologiche, trova riscontro nella produzione culturale e artistica toccando tutti i settori: letteratura, filosofia, musica…
Sigmund Freud (1856-1939), solleva la tenda della ragione e della coscienza svelando i misteriosi impulsi e le forze nascoste che sottendono all’agire umano: nel 1900, come ad aprire un capitolo nuovo, pubblica L’interpretazione dei sogni , dando così vita al meccanismo psicoanalitico e rovesciando in maniera totale e irrevocabile l’ordine rassicurante delle cose e dei rapporti umani [Fig. 3].
Fig. 3, Sigmund Freud
L’Austria non sarà l’unica rappresentante di questo malessere occidentale; infatti anche in altri Paesi europei il senso si sgomento dilagante, darà vita alle tematiche ‘decadenti’ il cui il mistero, l’inconscio, l’estetismo, il simbolismo, il mito della donna fatale e diabolica, si fonderanno offrendo scenari interpretativi estremamente complessi e pieni di fascino.
Anche Gustav Klimt ha colto questo sentimento crescente di disorientamento ed ha donato un volto alla malinconia e alle ossessioni dell’uomo attraverso le proprie opere.
In tutto il suo percorso è come se mostrasse la piena consapevolezza che la vita sia un inesauribile vortice affascinante e tetro al tempo stesso, ricco di simboli e metafore da interpretare e che, in virtù dei propri ideali artistici e creativi, l’artista debba farsene traduttore e rappresentante.
A fondamento delle sue opere, sembra esserci una forte dimensione tragica per la quale il dissidio fra la ‘libertà’ dell’uomo e la ‘necessità’ (che invece ostacola il raggiungimento dei nostri fini), è sentito come insuperabile.
L’unica certezza è che la realtà abbia un carattere ambiguo e che il mondo dia di sé un’immagine precaria, labile, assolutamente provvisoria.
Questa valenza profondamente tragica dell’esistenza umana, può essere però scongiurata attraverso la sua stessa rappresentazione: rappresentarla, infatti, significa aver preso consapevolezza della verità che sta alla base di tutto, e la consapevolezza, quando diviene persuasione, scioglie qualunque tipo di laccio stringente e avvilente che tiene gli individui saldamente ancorati alla ‘rettorica’.
In molte opere lo stile di Klimt si caratterizza per una raffinatezza che rasenta la morbosità; gli accostamenti cromatici e le scelte formali si fondono con un decorativismo quasi esasperato… Si ha come l’impressione che i quadri siano sovraccarichi di implicazioni simboliste da dover interpretare.
Lo stile di Klimt, quindi, diventa elemento unico con i contenuti, si mescola esattamente con essi, evocando forti emozioni e un senso costante di vivissimo erotismo che è, indubbiamente, una sorta di filo conduttore che si snoda, in maniera continua, durante l’intera esistenza di ogni essere umano.
L’universo simbolico di Klimt risente fortemente delle teorie espresse dal filosofo Friedrich Nietzsche (1844-1900) nel saggio La nascita delle tragedia (1872), nel quale viene espressa la contrapposizione dei due impulsi vitali dell’uomo: l’impulso apollineo, cioè lo spirito razionale, lo spirito di bellezza da cui scaturisce un’immagine del mondo illusoria e falsificata e l’impulso dionisiaco, quello della volontà di azione, dell’istintiva creatività dell’uomo, dell’ebbrezza [Fig. 4].
Fig. 4, Friedrich Nietzsche
Ed anche in Klimt sembra che il senso nascosto della vita, la sua verità, si possano rinvenire più nell’eccesso che nella misura.
Quando Klimt ritrae elegantissime signore [Fig.5] che rappresentano la sofisticata borghesia viennese, lo stile accademico messo in atto è impeccabile, il realismo è quasi fotografico eppure tutto è pervaso da un’ineffabile atmosfera sgranata e suggestiva, straripante di malinconia (vd. https://www.labellarivoluzione.it/2020/04/07/un-mondo-effimero-ricoperto-di-cipria/ ). Trovo che le opere di Klimt siano sempre maledettamente soffocanti, osservandole ci si sente completamente storditi. E questo a mio avviso è un dato apprezzabile riguardo all’arte.
Fig. 5, Gustav Klimt, Ritratto di Sonja Knips, 1889
Il sapere accademico, così ben rintracciabile nei ritratti, rappresenta però un peso che ostacola gli intenti dell’artista, il suo soggettivo desiderio di espressione.
Le opere nelle quali si fanno più prepotenti i conflitti esistenziali, sono le allegorie realizzate tra il 1901 e il 1909: il periodo dello ‘stile aureo’, in cui l’oro ha la funzione di immobilizzare l’immagine in un contesto senza tempo e senza spazio, come se le figure dovessero rimanere fisse e statiche all’interno del perpetuo mutamento del ciclo vitale… Il fondo oro rappresenta una sorta di pausa nel continuum universale, pausa nella quale si cristallizza l’intera esperienza umana [Fig. 6]. Questi puntuali richiami alla lucentezza bizantina dei mosaici, rappresentano una delle note più amate dell’intera vicenda artistica di Gustav Klimt. Per molte persone Klimt è oro e mosaici pre-Art Déco. E in effetti si tratta di motivi formali particolarmente coinvolgenti.
Fig. 6, Gustav Klimt, Il bacio, 1907-1908 , Österreichische Galerie Belvedere, Vienna
Anche nel Fregio di Beethoven realizzato nel 1902 nel Palazzo della Secessione a Vienna (vd. https://www.labellarivoluzione.it/2020/04/08/il-fregio-di-beethoven-e-lunione-europea/), viene messo in scena il concetto secondo cui le forze ostili, impreviste e inevitabili, hanno il sopravvento su qualsiasi parvenza di verità e libertà umane [Fig.7].
Fig. 7, Gustav Klimt, Fregio di Beethoven, Le Forze ostili (part.), 1902, Palazzo della Secessione, Vienna
Nei paesaggi, altra importante fase della ricerca artistica di Klimt (vd. https://www.labellarivoluzione.it/2020/04/04/klimt-et-munch/), ancora si intravede, si percepisce questo profondissimo senso tutto umano di sconfinata solitudine [Fig. 8].
Salvatore Quasimodo, più tardi, avrebbe scritto: “Ognuno sta solo sul cuor della terra trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera“.
Fig. 8, Gustav Klimt, Faggeto, 1902
Nel 1893, il Ministero della Pubblica Istruzione commissiona a Gustav Klimt la realizzazione di tre pannelli decorativi per l’aula magna della nuova Università di Vienna; i temi da rappresentare sono Filosofia, Medicina e Giurisprudenza. Al pittore Franz Matsch (1861-1942) viene invece assegnata la realizzazione dell’allegoria della Teologia.
Il messaggio che deve emergere è la sconfitta delle tenebre dell’ignoranza da parte del Sapere, che tutto illumina.
Ma il cambiamento stilistico in direzione simbolista che Klimt sta effettuando, rende difficile l’esecuzione dei pannelli: le aspettative della classe egemone tradizionalista e l’impostazione rassicurante che deve avere l’opera, stridono con il suo attuale orientamento artistico e intellettuale.
Infatti, quando nel 1900 vengono presentati Filosofia e Medicina, scoppia lo scandalo. Dalle opere emerge un tetro pessimismo, scenari desolati e sconfortanti con i quali il messaggio originario è stato totalmente capovolto.
L’uomo si trova impotente di fronte al dominio del destino e la scienza, suo malgrado, non può nulla per ostacolare queste forze impreviste. L’umanità rimane inesorabilmente esposta al dolore; la Filosofia può dare risposte certe? La Medicina riesce ad annientare il dolore, la morte? E la Giurisprudenza può tutelare i giusti e sconfiggere i soprusi? Klimt probabilmente si è posto queste domande, quindi, la sua rappresentazione è risultata cupamente pessimista proprio perché totalmente realista.
Gli enigmi e i misteri del mondo sono rappresentati nella Filosofia [Fig. 9] da un fluttuare aggrovigliato di corpi nudi, simbolo dell’intero ciclo vitale della nascita, della riproduzione e della morte, e simbolo dell’invincibile caos da cui, in basso, emerge un volto femminile illuminato, con lo sguardo ipnotico, che personifica il Sapere; questa testa ha però il valore di un’apparizione, di una visione inconsistente… Si intravede poi una possente figura femminile che si confonde in un’atmosfera nebulosa e rimane immobile, distante come una sorta di enigmatica Sfinge che interroga l’uomo senza fornire risposte…
Fig. 9, Gustav Klimt, Filosofia (i tre pannelli furono realizzati tra il 1899 e il 1907)
‘Ma quando si squarcia la trama delle forze calcolate e la violenza rompre nella vita e l’uomo sociale si trova nudo in contatto con le forze della natura e dell’uomo e deve resistere colla consistenza del suo corpo e del suo carattere allora la pietosa immagine dell’assoluta debolezza di chi non “trova nè parole nè atti” si fa universale e a tutti manifesta’ (Carlo Michelstaedter, La persuasione e la rettorica, Milano, Adelphi, 1982, p.176).
Il pannello suscita critiche pesantissime nei confronti dell’artista che, offeso ma pienamente consapevole del proprio operato, prosegue nella realizzazione del progetto commisionatogli.
Nell’opera Medicina, viene esasperato il concetto di dolore fisico e psichico [Fig.10]; anche qui un denso gruppo di corpi si contorce spasmodicamente come alla ricerca continua di un sollievo dalla sofferenza insita nell’esistenza; sofferenza che invece domina in modo totale l’uomo. La morte, col suo velo scuro, avvolge un corpo e questo passaggio è già scritto nel destino di chiunque… In basso Igea, divinità greca legata alla salute fisica e spirituale, con l’attributo iconografico che la contraddistingue, un sinuoso serpente (lo stesso simbolo che accompagna Asclepio, dio della medicina, di cui Igea è considerata, secondo fonti diverse, figlia o moglie). Questa preziosa figura femminile, straordinariamente bella, concentra in sè i caratteri iconografici distintivi dell’arte di Klimt: oro, simbolismo, decorativismo, sensualità, perfezione ritrattistica…
Fig. 10, Gustav Klimt, Medicina (i tre pannelli furono realizzati tra il 1899 e il 1907)
‘Ma la vera funzione organica della società è l’offcina dei valori assoluti, la fornitrice dei “luoghi speciali” e “comuni”: la scienza’ (Carlo Michelstaedter, La persuasione e la rettorica, Milano, Adelphi, 1982, p.181).
Con quest’opera Klimt viene accusato di non celebrare affato la conoscenza e il progresso scientifico di cui la Medicina dovrebbe essere fautrice, anzi, sembra che l’uomo sia sottomesso al proprio destino senza alcuna possibilità di intervento… Ma l’artista si rifiuta ancora di dare spiegazioni riguardo alla propria visione delle tematiche rappresentate e l’epilogo di questa vicenda si rivelerà estremamente doloroso.
Infine, nel 1903, Klimt presenta l’ultima parte della serie, Giurisprudenza (sulla quale cercherà di intevenire con delle modifiche fino al 1907). In quest’ultimo pannello [Fig.11], l’atmosfera allucinata dei primi due dipinti, si traduce in una sorta di trappola statica dalla quale non si può fuggire: il peso della colpa dell’uomo-imputato che aspetta la sentenza è forse minore rispetto al peso esercitato dalle allegorie della Verità , della Giustizia e della Legge che dominano dall’alto, imperturbabili e fisse come se fossero estranee al caso, incastonate come pietre preziose in un mosaico di tessere colorate. Una gigantesca piovra blocca l’uomo che tiene il capo chino e attende il giudizio da parte di tre figure femminili avviluppate da un’enorme spira oscura. Queste tre figure femminili rappresentano i simboli del sistema, delle strutture sociali e di quelle legislative: imprescindibili lacci che l’uomo sente stringere forte sulla propria carne.
Fig. 11, Gustav Klimt, Giurisprudenza (i tre pannelli furono realizzati tra il 1899 e il 1907)
‘Ma l’uomo sociale non deve più affatto pensare alla giustizia; quella è cosa che non lo riguarda: egli è sotto tutela non ha voce, deve guardar invece d’andar dritto pel sentiero che gli hanno preparato, dove conduca non è cosa sua’ (Carlo Michelstaedter, La persuasione e la rettorica, Milano, Adelphi, 1982, p.160).
In quest’ultima, intensa, manifestazione artistica è come se Klimt denunciasse il proprio stato d’animo di fronte alle potenti critiche che gli vengono rivolte proprio da parte di quel ‘sistema’ ottuso, perfettamente organizzato e razionale che egli avrebbe dovuto raffigurare invertendo completamente il senso della propria rappresentazione; quello stesso sistema che è stato il committente del magnifico trittico!
La frattura insanabile che si creò tra artista e committenti (cioè tra spirito dionisiaco e spirito apollineo), portò Klimt a compiere un atto estremo: egli, con l’aiuto economico del proprio mecenate, August Lederer, ricomprò tutti e tre i pannelli! E questi, durante la seconda guerra mondiale, furono messi al riparo nel Castello di Immendorf.
Ma, evidentemente, Klimt aveva ragione: esistono delle forze non calcolate (e incalcolabili), contro le quali l’uomo non può nulla. I pannelli Filosofia, Medicina e Giurisprudenza sono andati distrutti in un incendio avvenuto Castello di Immendorf, nel 1945.
Alcune foto in bianco e nero sono l’unica testimonianza rimasta di queste opere grandiose.
Lucia Borri